Responsabilità penale per il contagio dei dipendenti

In un nostro precedente articolo ci eravamo soffermati sulle misure di sicurezza che l’azienda è tenuta a rispettare per far rientrare al lavoro i propri dipendenti con l’emergenza epidemiologica in corso ed avevamo identificato le sanzioni amministrative (ivi inclusa la sospensione dell’attività) previste in caso di violazione delle “misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” di cui al Protocollo sottoscritto dal Governo con le parti sociali in data 24.04.2020, il cui rispetto è obbligatorio per il datore di lavoro ai sensi dell’art. 2 co. 6 D.P.C.M. 26 aprile 2020.

In questo articolo vogliamo invece cercare di fare il punto sulla responsabilità penale che potrebbe gravare sull’imprenditore in caso di omissione di quelle misure.

Va innanzitutto precisato che il contagio da COVID-19 rientra tra gli infortuni sul lavoro, sia perché la giurisprudenza da tempo considera la causa virulenta come una causa violenta (e non, quindi, una patologia contratta nell’esercizio e a causa delle proprie mansioni, con un’evoluzione progressiva nel tempo, com’è la malattia professionale), sia perché l’I.N.A.I.L. stesso, con la nota del 17.03.2020 e la successiva circolare n. 13/2020 del 03.04.2020, ha espressamente inquadrato le affezioni che dovessero colpire il lavoratore come infortunio sul lavoro. 

Anche l’art. 42 co. 2 d.l. 17 marzo 2020 n. 18 prevede che: “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- COV-2) in occasione di lavoro il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’I.N.A.I.L. che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni I.N.A.I.L. nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa”.

Affinchè sia indennizzabile dall’I.N.A.I.L., al pari degli altri infortuni sul lavoro, l’infezione da Covid-19 dev’essere avvenuta IN OCCASIONE DI LAVORO e cioè nell’espletamento delle mansioni o durante lo svolgimento di attività strumentali o accessorie, comprendendosi nell’occasione di lavoro tutte le condizioni temporali, topografiche e ambientali in cui l’attività produttiva si svolge e nelle quali è imminente il rischio di danno per il lavoratore, ivi incluso il percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro.

È chiaro che il rischio di contagio rende particolarmente pericolosa per il datore di lavoro l’organizzazione dell’attività produttiva, perché egli riveste una posizione di garanzia nei confronti dei suoi dipendenti, a mente dell’art. 2087 c.c., che gli impone di tutelare la loro integrità fisica.

In caso di inosservanza delle misure anti-contagio, il datore di lavoro potrebbe essere chiamato a rispondere:

1. Del reato di cui all’art. 437 c.p. “Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro”, che punisce chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia.

Si badi che questo è un reato di pericolo, cioè si perfeziona indipendentemente dal fatto che vi sia un qualche contagio: il bene giuridico tutelato, infatti, è l’incolumità pubblica nei luoghi di lavoro. Qualora, poi, uno o più lavoratori contraessero il virus, la norma prevede un aggravio di pena.

2. Dei reati previsti dal T.U. 81/2008 (Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e, in particolare, dall’art. 55 che determina le sanzioni in caso di violazione, tra gli altri, dell’art. 18 (obbligo di fornire ai lavoratori i necessari e idonei D.P.I., informare immediatamente del rischio di un pericolo grave i lavoratori che vi sono esposti e delle misure di protezione, non richiamare in servizio i lavoratori se sussiste un pericolo grave e immediato, ecc…), e dall’art. 282 che determina le sanzioni in caso di violazione, tra gli altri, dell’art. 271 (obbligo di valutare il rischio biologico ed integrare il Documento di Valutazione dei Rischi in relazione ad esso).

Anche i reati del T.U. Sicurezza sono puniti indipendentemente dal fatto che vi sia l’effettivo contagio di uno o più dipendenti.

Nel diverso caso in cui, invece, venisse accertato il nesso di causa tra l’inosservanza delle misure anti-contagio e l’infezione del lavoratore, il datore di lavoro potrebbe rispondere:

3. Del reato di cui all’art. 590 co. 3 c.p. “Lesioni personali colpose”, se dal contagio derivi una malattia di durata superiore ai 40 giorni o che produca l’indebolimento permanente di un organo, o dell’ipotesi ulteriormente aggravata, se ne derivi una malattia certamente o probabilmente insanabile o la perdita dell’uso di un organo. Il reato è procedibile d’ufficio e cioè il procedimento penale parte e prosegue indipendentemente dalla proposizione della querela da parte del lavoratore ammalato. 
4. Del reato di cui all’art. 589 co. 2 c.p. “Omicidio colposo”, se dal contagio derivi la morte.

Si ricorda che il nostro codice penale prevede il principio “ignorantia legis non excusat”, ovvero che nessuno può invocare a propria discolpa l’ignoranza della legge penale, tanto meno un imprenditore che omette di informarsi circa le cautele minime obbligatorie in tema di infortuni sul lavoro.

È necessario, dunque, per prevenire lunghi e costosi processi penali, ma soprattutto per la salute e la sicurezza di tutti, che gli imprenditori conoscano e facciano proprie le misure generali e speciali di prevenzione previste dalla legge.

Per un approfondimento in materia, si consiglia la lettura dell’intervista al dr. Raffaele Guariniello, ex Procuratore Aggiunto di Torino che si è sempre dedicato agli infortuni sul lavoro, pubblicata sul quotidiano “Il Fatto Quotidiano” del 12.05.2020.

 1) Cfr Corte di Cassazione, sentenza n. 9913 del 13 maggio 2016.

2) Cassazione penale, sez. IV, sentenza 6 febbraio 2018 n. 12643.