Quando il licenziamento è ritorsivo

Il licenziamento deve ritenersi “ritorsivo” quando costituisce l’ingiusta e arbitraria reazione del datore di lavoro ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito. L’onere della prova circa la sussistenza del carattere ritorsivo del licenziamento -dalla cui dimostrazione consegue la nullità del provvedimento espulsivo e l’obbligo di reintegrazione da parte del datore di lavoro nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno nella misura prevista dalla legge- è a carico del lavoratore e si tratta di una prova che rischia di essere non propriamente agevole.
Sul tema è intervenuta, peraltro, di recente, la Corte di Cassazione Sezione Lavoro, con la sentenza n. 11705 del 17.06.2020, la quale, evidentemente consapevole delle difficoltà probatorie poste a carico del lavoratore, ha ribadito il principio secondo cui il lavoratore, a tal fine, può anche giovarsi di “presunzioni”.

Le “presunzioni” sono, per definizione (art. 2727 Cod. Civ.), “le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato” e laddove siano ricavate dal giudice (c.d. “presunzioni semplici”), per poter avere valore probatorio, devono essere “gravi, precise e concordanti”.

Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto, al riguardo, che, ai fini della prova della ritorsività del licenziamento, sia di primaria importanza l’accertamento dell’inesistenza del diverso motivo addotto dal datore di lavoro a giustificazione del recesso. Nella fattispecie, in particolare, tra i “fatti noti” sulla base dei quali la Corte ha ritenuto corretta l’eccezione del carattere ritorsivo del licenziamento, sono stati annoverati: l’infondatezza e la genericità degli addebiti, il contenzioso in corso per una questione retributiva, la progressiva emarginazione del dipendente nel contesto lavorativo realizzatasi nel periodo immediatamente precedente il licenziamento.

In definitiva, anche gli elementi acquisiti al giudizio per escludere il giustificato motivo oggettivo o la giusta causa posta dal datore di lavoro a motivazione del licenziamento possono, da soli o in concorso con altri, sulla base di una valutazione globale della vicenda concreta, costituire la presunzione del carattere ritorsivo del licenziamento.

Avv. Alessio Veggiari