Limiti al potere di controllo del datore di lavoro

L’utilizzo degli strumenti informatici, che ormai caratterizza tutti gli ambienti di lavoro, ha posto nuove questioni circa l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione lavorativa di dipendenti e collaboratori, che risponde, essenzialmente, a due contrapposte esigenze: da un lato, vi è l’interesse del datore di lavoro al controllo ed alla difesa della organizzazione produttiva aziendale; dall’altro, vi è l’esigenza, da parte dei lavoratori, di tutela della propria sfera privata e della espressione della propria dignità e della propria personalità anche nei luoghi di lavoro, fermo restando, ovviamente, il rispetto del dovere primario di fedeltà e correttezza nei confronti del datore di lavoro.  

All’esito della riforma dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori operata dal D.lgs. 81/2015, nell’ambito della giurisprudenza italiana, si sono sviluppati due contrapposti orientamenti in tema di “controlli difensivi” da parte del datore di lavoro, intendendosi per tali quelli diretti ad accertare la condotta illecita del lavoratore.

Secondo una parte della giurisprudenza (tra le quali si segnala la recente sentenza del Tribunale di Vicenza- Sezione Lavoro n. 356 del 28.10.2019), detti controlli difensivi trovano ormai la loro compiuta disciplina nell’ambito dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, considerato che la nuova formulazione dell’art. 4 inserisce espressamente la tutela del patrimonio aziendale tra le esigenze che legittimano l’impiego di strumenti di controllo. Con la conseguenza che, ogni informazione raccolta dal datore di lavoro mediante strumenti di controllo a distanza (laddove legittimi ed autorizzati) o mediate gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (quali, ad esempio, le mail inviate dal dipendente dal pc aziendale), potrà essere utilizzata ai fini disciplinari alla sola condizione che sia data al lavoratore una preventiva specifica informativa circa le modalità di uso dei medesimi strumenti e delle relative modalità di effettuazione dei controlli da parte del datore di lavoro, e che l’acquisizione di tali dati avvenga nel rispetto della normativa sulla privacy. Nel caso specifico affrontato dal Giudice del Lavoro del Foro di Vicenza, in mancanza di tale precedente informativa, è stato pertanto considerato illegittimo il licenziamento intimato a una dipendente sulla base di una contestazione di insubordinazione emersa da un controllo effettuato dal datore di lavoro sulla sua casella di e-mail aziendale, finalizzato alla verifica della irregolarità della registrazione delle presenze.   

Altra parte della giurisprudenza (tra la quale si segnala Cass. civ. Sez. Lav. n. 26682 del 10.11.2017), ritiene che i c.d. “controlli difensivi” continuino ad esulare dal campo di applicazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, allorquando oggetto del controllo non è la prestazione lavorativa, ma la condotta illecita posta in essere dal lavoratore estranea allo svolgimento dell’attività lavorativa (nel caso specifico, è stato ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente che aveva inviato dal pc aziendale una serie ripetuta di mail caratterizzate da espressioni scurrili nei confronti del legale rappresentante della società e di altri collaboratori). A ben vedere, peraltro, il contrasto giurisprudenziale, con particolare riferimento alla questione dell’esercizio del potere di controllo da parte del datore di lavoro sulla prestazione lavorativa del dipendente, è solo apparente. 

Infatti, al di là della questione circa la riconducibilità o meno della nozione di “controlli difensivi” nell’ambito dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, rimane il fatto che essi potranno considerarsi legittimi solamente laddove finalizzati all’accertamento di un illecito che esula dalla valutazione del corretto adempimento dell’attività lavorativa, la quale richiede, pur sempre, la necessità di preventiva informativa ai dipendenti, nei termini sopra riferiti, oltre che il rispetto della privacy.

Tale conclusione, del resto, appare del tutto in linea con i principi fissati nella Convenzione Europea, e quindi con l’orientamento già espresso in materia dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nell’ambito del quale si annovera la sentenza della Grande Chambre n. 61496 del 05.09.2017, secondo cui :“Il datore di lavoro può effettuare un controllo sulle mail inviate da un dipendente da computer aziendale per fini personali solo nel rispetto di precisi parametri, quali un’informazione preventiva, l’impossibilità di ricorrere a misure meno intrusive, l’esistenza di gravi motivi che spingono l’azienda al controllo medesimo”. 

Federica