Il licenziamento “in frode alla Legge”

Sempre più spesso, negli ultimi tempi, la giurisprudenza è intervenuta a delineare la fattispecie del licenziamento “in frode alla legge”, richiamando il principio di applicabilità, anche agli atti unilaterali (qual è il licenziamento), della disciplina di cui all’art. 1344 Cod. Civ. Va rammentato, in proposito, che presupposto indefettibile affinché si possa parlare di contratto “in frode alla legge” è che il negozio posto in essere non realizzi quella che è una causa tipica- o comunque meritevole di tutela ex art. 1322, secondo comma, Cod. Civ.- bensì una causa illecita, in quanto finalizzata alla violazione della legge (Cass. Sez. Lav., Sent. n. 8499 del 06.04.2018).
Secondo il principio generale, la peculiarità del contratto in frode alla legge disciplinato dall’art. 1344 Cod. Civ. consiste nel fatto che gli stipulanti raggiungono, attraverso gli accordi contrattuali, il medesimo risultato vietato dalla legge, di modo che, nonostante il mezzo impiegato sia lecito, è illecito il risultato che attraverso l’abuso del mezzo, la predisposizione di uno schema fraudolento e la distorsione della sua funzione ordinaria si vuole realizzare (Cass. 26/09/2018 n. 23042; Cass. 26/01/2010 n. 1523).

Nello specifico, per quanto riguarda la fattispecie del licenziamento, la giurisprudenza intervenuta in materia ha individuato la ricorrenza di un’ipotesi di “frode alla legge”, allorquando lo stesso realizzi un comportamento che, pur formalmente lecito, sia attuato allo scopo di eludere le tutele approntate dal legislatore a favore dei lavoratori che subiscano il provvedimento espulsivo.
Recentemente, ad esempio, la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 29007 del 17/12/2020, condividendo le statuizioni dei giudici investiti del merito della questione nei precedenti gradi di giudizio, ha confermato la nullità di un licenziamento per “frode alla legge”, ex art. 1344 c.c., con riferimento ad un caso in cui il datore di lavoro aveva eluso l’ordine giudiziale di reintegrazione di un dipendente nel proprio posto di lavoro, mediante l’assegnazione, per motivi riorganizzativi, ad una sede di lavoro diversa (un diverso punto vendita) e successiva riduzione del personale del medesimo punto vendita. La Suprema Corte ha ritenuto che il licenziamento de quo fosse fondato su un giustificato motivo che, pur apparentemente lecito, era del tutto pretestuoso, a fronte dell’uso distorto del potere datoriale, diretto proprio a sottrarsi dall’ordine di reintegra e, quindi, dalla tutela reale del posto di lavoro.

Sempre la Suprema Corte, con una precedente pronuncia (sentenza n. 19863/18 depositata il 26 luglio), ha ritenuto intimato “in frode alla legge” il licenziamento comminato a più lavoratori a seguito di una scissione societaria, avendo la Corte territoriale accertato il nesso causale in riferimento al “mutamento rivelatosi solo formale in ordine allo svolgimento delle attività lavorative ed a fronte della realizzazione del tempo trascorso fra la scissione e il licenziamenti di un’unica commessa”, nell’evidente “effetto ottenuto con la scissione, consistente nella frammentazione della forza lavoro fra tre distinte società…pur continuando ad operare come soggetto indistinto…con il risultato di sottrarsi alla disciplina…in tema di licenziamenti collettivi”.  E’ stato, in altri termini, ritenuto che la scissione societaria determini la nullità dei licenziamenti intimati per giustificato motivo oggettivo qualora vi sia un collegamento negoziale tra l’operazione societaria e i plurimi recessi datoriali, perché in tal modo viene elusa la normativa sui licenziamenti collettivi (nella fattispecie era intervenuta una scissione parziale mediante assegnazione di rami d’azienda a due società di nuova costruzione, con redistribuzione della complessiva forza lavoro fra i tre soggetti giuridici, a cui poi erano seguiti, nell’arco dei successivi 120 giorni, licenziamenti individuali plurimi per giustificato motivo oggettivo).
Con la sentenza  n. 10869 pubblicata in data 23.04.2021, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto pure integrata la fattispecie del licenziamento “in frode alla legge”, in un caso in cui era stato intimato ad una lavoratrice un licenziamento per giustificato motivo oggettivo (al rientro dal congedo straordinario richiesto il 30 marzo 2015 per assistere la madre disabile), in quanto fondato sulle medesime ragioni poste alla base di una contestuale procedura di licenziamento collettivo.

Ancora, il Tribunale di Milano, con la recente sentenza n. 9098 del 05.02.2021, ha ritenuto nulli, in quanto intimati “in frode alla legge”, i licenziamenti intimati da un datore di lavoro a ridosso dell’introduzione delle disposizioni emergenziali dettate, a causa del Covid, in materia di blocco dei licenziamenti, motivati dal mancato superamento del periodo di prova, precisando, in proposito: “nell’apparente esercizio di una legittima facoltà di legge, l’azienda (n.d.r.) ha massimamente impiegato la risoluzione per mancato superamento della prova per recedere, con effetto immediato, da una molteplicità di rapporti di lavoro appena formalizzati per prestazioni di cui, con ogni evidenza, non avrebbe potuto beneficiare, e che erano potenzialmente destinati a patire l’incerta regolazione del periodo emergenziale. Così operando, peraltro, ha escluso i lavoratori subordinati da qualsiasi possibile misura di sostegno che il legislatore dell’emergenza avrebbe introdotto per posizioni analoghe”.

Ovviamente, la verifica di ricorrenza della “frode alla legge”, che si realizza ove si manifesti una divergenza fra la causa tipica dell’atto negoziale e la determinazione causale del suo autore indirizzato alla elusione di una norma imperativa, andrà valutata caso per caso, essendo essa rimessa alla valutazione del giudice del merito (come noto incensurabile in cassazione ove correttamente e adeguatamente motivata). 
I precedenti giurisprudenziali intervenuti in materia, peraltro, possono certamente essere posti a parametro di valutazione rispetto alla pluralità delle casistiche che potrebbero verificarsi ed essere interessate dall’applicazione della peculiare fattispecie in esame.

Federica Foresti