Il Covid-19 e la burocrazia italiana

E’ arrivato il tempo per fare (almeno un pò) mea culpa?

Una delle più impellenti necessità, conseguenti al COVID 19, è quella di far giungere, in tempi rapidissimi, i denari necessari alla sopravvivenza delle aziende e delle famiglie. Ogni volta che ci si trova di fronte alla esigenza (negata) di avere risposte veloci dalla nostra Pubblica Amministrazione, parte il leitmotiv della burocrazia soffocante.

C’è, sicuramente, tanto di vero in questo lamento: mi ricordo un bellissimo e divertentissimo video di quando ero bambino (quindi, purtroppo, qualche decennio fa’) su questo tema, che vi invito a condividere con me, prima di proseguire, cliccando sul seguente link https://www.youtube.com/watch?v=RatpMrD5aeM.

E’ indubbio, quindi, che la nostra burocrazia, oltre ad avere una storia consolidata, è famosa nel mondo. Tutti noi ci siamo imbattuti in adempimenti burocratici di (quantomeno apparente) dubbia utilità, spesso pesanti da sostenere, sia sotto il profilo economico che per il numero di attività da compiere. Sono stati pubblicati molti studi che hanno quantificato il costo della nostra burocrazia, a carico delle imprese, in svariate decine di miliardi di euro l’anno. 1
Alcuni mettono in evidenza come questi costi, ed i tempi dilatati di risposta della Pubblica Amministrazione, sarebbero tra gli ingredienti che scoraggerebbero le aziende straniere dall’investire in Italia.

Fatta questa premessa (e tornando al problema dei finanziamenti da erogare a imprese e famiglie, a seguito della pandemia) tutti abbiamo letto che, nel momento in cui è stata regolamentata la materia, con il decreto liquidità, alcuni dei più attenti Pubblici Ministeri hanno immediatamente posto in luce il problema che la normativa, così come concepita, avrebbe quasi sicuramente consentito alla criminalità di profittare dei citati finanziamenti. 2

Paradossale il rischio che i risparmi dei cittadini onesti possano, per l’ennesima volta, essere introitati dalla criminalità organizzata.

Ecco allora che si arriva, a mio parere, al vero nocciolo della questione. Noi siamo un paese meraviglioso, un popolo dotato di grande creatività. Questa creatività, molto spesso, la mettiamo al servizio di attività meravigliose: il mondo è pieno dei nostri film, di nostri studiosi/ricercatori, delle nostre opere d’arte, della nostra musica, architettura, cucina, moda, di prodotti industriali ed artigianali dalle caratteristiche e qualità uniche ecc.

Quella stessa creatività però, mal declinata, diventa continua ricerca di scappatoie, di aggiramento di limiti e, nei casi più gravi, di truffe vere e proprie, magari ordite dalla criminalità organizzata.

Lasciare, come insiste qualcuno, totalmente libere da regole le più importanti operazioni economiche che, nel prossimo futuro, dovrebbero portare ad un deciso sviluppo (anche tecnologico) del nostro Paese, potrebbe rivelarsi una scelta assai dolorosa. In particolare per le persone oneste. Le truffe ai danni delle istituzioni (anche comunitarie, è bene ricordarlo) da parte dei nostri concittadini, infatti, sono all’ordine del giorno. Spesso, purtroppo, rimangono impunite. E allora questa nostra creatività, così mal impiegata, costringe il legislatore (ormai allenato a dover mettere in conto simili situazioni) a prevedere tutta una serie di adempimenti infiniti (e stancanti) per evitare quanto più possibile gli (inevitabili?) aggiramenti delle norme. Vogliamo prendere, ad esempio, le norme urbanistiche? Quanti sfregi ha dovuto subire il territorio, prima della necessaria imposizione di regole sempre più stringenti?

Nel mio piccolo ricordo, nitido, l’esempio di mio suocero: monoculo ma costretto, per poter continuare a godere delle provvidenze legate alla sua invalidità, a periodiche visite da parte del nostro istituto di previdenza per verificare non si sa cosa (magari che, nel frattempo, l’occhio mancante fosse ricresciuto). Ma questa (apparentemente disumana condotta) è la reazione dell’Istituto a fronte delle reiterate truffe subite dai falsi invalidi di turno.

La burocrazia, quindi, è il frutto del nostro agire ed è alimentata dalle nostre stesse condotte. Legittima reazione, da parte del nostro ordinamento, alla nostra ritrosia al rispetto delle regole (che valgono sempre, e solo, per gli altri). Sarebbe, effettivamente, molto bello che, con strumenti semplici, si potessero avere risposte celeri e chiare.

Come si potrebbe fare?

Secondo me non aspettando una imposizione dall’alto ma abituiamoci a trovare le risposte in noi stessi. Potremmo, ad esempio, tutti (a partire da me stesso) osservare i virtuosi popoli del nord Europa: in quei paesi i cittadini guardano agli obiettivi di una norma, adeguando a quegli obiettivi le loro condotte. La stragrande maggioranza dei cittadini, di quei paesi, conforma le proprie scelte individuali alle regole vigenti. Anche se non piacciono, anche se decise da una Parlamento dal quale non si sentono rappresentate. Le persone che là violano dette regole, prima ancora delle conseguenti sanzioni previste, vengono colpite dalla disapprovazione sociale (che, a volte, vale molto più di qualsiasi contravvenzione). Quella stessa disapprovazione sociale che ha rischiato di mettere in discussione gli assolutamente dovuti finanziamenti europei in favore dei paesi che (come il nostro) sono stati gravemente colpiti dal Covid. Non ci sono, a mio parere, molte altre vie.

Iniziamo noi tutti a comportarci da veri cittadini, consapevoli che esistono (e sono sacrosanti) i diritti, ma che esistono altrettanti doveri da rispettare. Iniziamo nel nostro piccolo, con il quotidiano e doveroso rispetto delle regole, a disinnescare alla radice la burocrazia. Altrimenti, a mio avviso, non avremo alcun titolo per criticarla e, tra qualche lustro, saremo ancora qui, inutilmente, a lamentarcene.

Avv. Alessio Veggiari