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La sentenza sopra indicata stabilisce un principio molto importante: il lavoratore ha diritto a vedersi riconosciute ferie, permessi e festività maturate nell’arco di tempo che va dal licenziamento (successivamente dichiarato illegittimo) e la reintegrazione. L’obiezione principale a detto riconoscimento consisteva, sino alla citata sentenza, nel fatto che il lavoratore, in quell’arco temporale, non aveva concretamente lavorato per conto della azienda che lo aveva licenziato e quei diritti potevano essere riconosciuti solo in favore di chi, materialmente, aveva svolto in detto periodo la propria attività lavorativa. La Corte di Cassazione, investita del problema, rimetteva la questione avanti la Corte di Giustizia Europea chiedendo se il mancato riconoscimento di tali diritti fosse, o meno, contrario all’art. 7 della Direttiva 88/03 e all’art. 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE”.
La prima disposizione, rubricata “ferie annuali”, prevede che “ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro”. La seconda disposizione, denominata “condizioni di lavoro giuste ed eque”, stabilisce che “ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose. Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite.”
La Corte di Giustizia, con sentenza del 25 giugno 2020, interveniva sul tema precisando che “l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio osta a una giurisprudenza nazionale in forza della quale un lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, non ha diritto a ferie annuali retribuite per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua reintegrazione nel posto di lavoro, per il fatto che, nel corso di detto periodo, tale lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del datore di lavoro”.
La Cassazione, dopo aver ricordato che in grado d’appello tale diritto era stato negato proprio in considerazione del mancato svolgimento della attività lavorativa conseguente al licenziamento (ritenendo irrilevante il fatto che tale inattività derivasse dalla condotta del datore di lavoro), si è adeguata all’insegnamento dalla Corte di Giustizia, rammentando che:
Le indennità in parola, quindi, devono essere riconosciute tutte le volte in cui (anche in virtù del D.Lgs. 23/15) sia stata disposta la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato.
Avv. Alessio Veggiari
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