Ci sarà mai un Covid-19 per il sistema giustizia?

La terribile pandemia che ha colpito l’umanità intera con inenarrabili sofferenze (di varia natura) per le persone direttamente o indirettamente interessate ha avuto, come contropartita, anche una conseguenza molto importane (e, a mio parere, positiva): la riscoperta della centralità dei sistemi di sanità pubblica.

Non è un caso, infatti, che le risposte migliori si siano registrate nei paesi con una forte sanità pubblica 1. Di fronte al disastro che sta provocando il Covid 19 la misura, forse più importante, è stata proprio il rafforzamento del servizio sanitario nazionale 2. Nessuno, guardando il sistema sanitario con le lenti dell’oggi, si azzarderebbe a mettere in discussione una politica di rafforzamento della sanità pubblica. Eppure, per anni, molta parte della politica, sia a livello nazionale che regionale, spingeva per una inesorabile e progressiva privatizzazione della sanità verso un modello (manco a dirlo, il “perfetto” modello americano) fondato sul solito leitmotive che “privato è meglio, più efficiente, di pubblico”. Mentre scrivo queste righe tutti noi abbiamo compreso, appieno, la centralità, nella nostra vita, di un forte sistema di sanità pubblica: numerosissime le persone curate, letteralmente salvate, da quelle strutture additate, per troppo tempo, come esempi di inefficienza e di inutile spesa. 

Con ciò non si vuol dire che il sistema fosse (e sia) perfetto e neppure negare che non ci fossero (e non ci siano) ampi margini di miglioramento. Ad esempio è inaccettabile il fatto che, spesso a parità di spesa, vi siano, nelle varie regioni, enormi sproporzioni nella qualità dei servizi resi. Il che avrebbe dovuto indurre, a mio modesto parere, non a portare il sistema verso una rilevante, inopportuna e globale privatizzazione, ma, al contrario, a far propria una regola fondamentale del settore privato e portarla come fulcro centrale del sistema pubblico. Alzare ed armonizzare la qualità dei servizi, allontanando quei dirigenti che, nei fatti, non erano (e non sono) in grado di garantire livelli accettabili di assistenza sanitaria. Ma si sta discutendo di un sistema che, per il suo peso, anche in relazione alla spesa gestita, viene governato non sulla base di semplicissime regole meritocratiche ma con mere logiche di appartenenza. Fatta questa (forse troppo lunga premessa) torno al titolo. 

Anche il sistema della giustizia, posto a presidio di valori costituzionali fondamentali, si trova in una situazione non dissimile al sistema sanitario pre Covid. Agonizzante, privo di una visione, con investimenti inesistenti, con personale troppo spesso demotivato, e governato da un “autogoverno” che, nei fatti, si è dimostrato non essere all’altezza e, cosa ancor più grave, permeabile a deprecabili logiche spartitorie finite inesorabilmente sulle prime pagine dei giornali 3. Anche nel settore giustizia una delle soluzioni prospettate (la solita, dei soliti) è quella della privatizzazione di ampi margini del settore, nel generalizzante slogan “tutto non funziona”, stabilendo, ancora una volta, per ciò solo, che, così facendo, il sistema diventerebbe più efficiente e funzionale. Ecco, tanto per fare un esempio, che dopo aver inutilmente provato a risolvere il problema con l’introduzione dei Giudici di Pace (e il progressivo allargamento delle competenze ad essi attribuite dal legislatore), la moltiplicazione di sistemi “alternativi” di giustizia, del tutto privati.

Si tratta, a mio parere, di una risposta sbagliata. Il sistema pubblico di giustizia andrebbe, infatti, migliorato ma preservato come centro del nostro sistema democratico. Ci dovremmo preoccupare di garantire la vera autonomia di chi giudica i nostri diritti fondamentali. Non sottoporli al giudizio di una moltitudine di soggetti privati, la cui terzietà ed imparzialità sarà molto difficile da verificare. La domanda è quale evento potrebbe (come il Covid, per la sanità) far comprendere ai cittadini l’importanza e la centralità di un autorevole sistema pubblico di giustizia. Far comprendere che il sistema è grandemente sottodimensionato, soggetto ad investimenti non adeguati e che questa è la vera causa del suo scarso funzionamento. Vorrei lanciare questa semplice provocazione: nel Veneto ci sono circa 20 magistrati del lavoro di I grado a fronte di oltre 2.100.000 lavoratori occupati 4. Su ogni magistrato, quindi, gravano, in Veneto, potenzialmente, 105.000 rapporti di lavoro. Senza dimenticare poi le cause previdenziali che rendono il numero citato ancor più gravoso. Il Covid ha colpito, in Italia, una popolazione di 61.000.000 di abitanti. Nel nostro stesso paese operano circa 130.000 medici ospedalieri. C’è, quindi, un medico ospedaliero ogni 470 abitanti (ed ogni cittadino, però, può contare anche sul proprio medico di base). Si tratta solo di un gioco, ma qualche riflessione, di fronte a questi numeri, andrebbe fatta. Anche perché, come avremo modo di evidenziare nei prossimi articoli, le risposte che vengono date a questi problemi sono del tutto inadeguate e creano problemi molto gravi. Ai magistrati, agli avvocati e ai cittadini coinvolti.

Avv. Alessio Veggiari